Il compito che ci attende, se vogliamo
accompagnare l’elezione della nuova Amministrazione Comunale di Crema, consiste
dal mio punto di vista, nell’analizzare e comporre una visione articolata
della società, senza abbandonarci a proiezioni disfattiste, assumendo i
problemi sociali, politici ed economici nella loro completezza, evitando
banalizzazioni o pressapochismi, letture populiste o parziali, il cui unico
risultato sarebbe l’ulteriore penalizzazione dei piccoli, dei senza voce, degli
esclusi e il rafforzamento degli egoismi individuali, corporativi o lobbistici
che dir si voglia. Mettiamo l’asse del baricentro al posto giusto.
Credo che potremmo con-dividere la stessa
esortazione alla vigilanza. Vigilare prima e soprattutto dopo l’elezione del
Sindaco, con un convinto sforzo di discernimento/riflessione che muova dalla
consapevolezza della centralità del valore della persona. E tutti i candidati
in questi giorni lo hanno sostenuto… ma poi la traduzione?
Possiamo ripensare il nostro modus vivendi riflettendo sul vissuto
personale e comunitario cremasco rispetto ai grandi processi in atto. Proprio
perché tutto è più vicino: la realtà dell’incontro e conseguentemente del
conflitto ci accompagna quotidianamente. Siamo immersi nelle reti del bene e
del male che potrebbero consentire rapporti permanenti di alleanza ma anche
formulazioni d’interessi di parte, che prendono già oggi, troppo spesso, il
sopravvento sul bene comune. Tra i candidati sindaco l’area cattolica è
ben rappresentata. Paolo VI diceva che “la
politica è una maniera esigente - ma non la sola – di vivere l’impegno
cristiano al servizio degli altri”. Queste parole rappresentano una forte
provocazione nei confronti di chi ha ridotto la politica a funzione, interesse
di parte o mestiere che dir si voglia. Ma è anche una sferzata a tutti noi che
crediamo di venir meno all’impegno sociale definendo tutto ciò che è politico
come qualcosa di losco; in realtà, un alibi al nostro disimpegno e alla nostra
mediocrità. Il senso dell’attenzione verso la polis deve spingerci ad appassionarci nuovamente degli altri e del
loro destino. Subordinare, come troppo spesso accade anche da noi, la politica
agli interessi di questa o quella fazione, è davvero un male imperdonabile;
creare invece legami ed azioni solidali senza piegare (=privatizzare) le
risorse accuendo così la distanza con i bisogni delle persone.
Mi piacerebbe sentire in chi ci governa
l’espressione di una tenerezza nella pratica del principio di sussidiarietà. La
sfida sta proprio nel ricomporre armonicamente gli interessi individuali con
quelli della società, per ridare alla gente il diritto di cittadinanza che non
si esprime solo nell’eleggere il sindaco o nel pagare le tasse. Ricercare
nuovi stili di vita a livello
personale e comunitario che possano esprimere la politica dal basso, ridando
compattezza ad un tessuto sociale lacerato un po’ a tutte le latitudini. Ciò
deve tornare ad essere l’elemento centrale per la produzione del ‘ben-essere’
delle persone e per la società: luogo di speranza per un futuro davvero
sostenibile.
Ancora un elemento qualificante ‘ il mio
sindaco ‘. Apro e traduco un pensiero complesso.
Dobbiamo uscire da noi stessi, fermamente
convinti che occorra la parresia dei
tempi difficili.
Parresia intesa come coraggio di osare: la
coraggiosa franchezza di dire e testimoniare fattivamente i valori in cui si
crede senza riduzioni e compromessi; di ri-innovare la stratificazione del ‘si
è sempre fatto così‘; essere reattivi di fronte ai fenomeni che caratterizzano
la società senza stare alla finestra a guardare ma osando e forse pagando di
persona.
Da ultimo. Ho sentito poco in questi mesi
nel dibattito cremasco sottolineare l’importanza e la decisività della squadra
di governo cittadino che collabora con il sindaco. Rimane volutamente in
ombra per ragioni di strategia elettorale ma la qualità del ‘ mio sindaco
ideale’ si misura anche su questa scelta di giocatori che scendono in campo
preparati, competenti e disinteressati…al proprio tornaconto. E’ il
concretizzarsi del riconoscimento della diversità come fattore che promuove
reciprocità ed integrazione.
Luciano Ricci
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