Nel settembre 2012 (sì, fra più di un anno) entrerà in vigore negli Stati Uniti d’America la normativa sul fumo di sigaretta che prevede l’obbligo di stampare sui pacchetti l'avviso sulla nocività del fumo. Nell’attesa, secondo quanto riportato in Italia dall’ANSA, qualche giorno fa, cinque grandi produttori di sigarette hanno lanciato congiuntamente una causa alla Food and Drug Administration, l’agenzia americana preposta al controllo degli alimenti e dei farmaci, chiedendone l’abolizione causa presunta incostituzionalità. Secondo il legale delle compagnie: “non si può imporre che un pacchetto di sigarette diventi una piccola bacheca per la campagna antifumo del governo”.
In Italia, come sapete, tale normativa è in vigore da tempo. Presumo che la logica sottostante sia preventiva, l’informazione volta alla riduzione del rischio per la promozione del benessere della comunità o, più modestamente, forse, alla riduzione dei costi conseguenti, sociali o strettamente monetari. Maliziosamente ho anche pensato che fosse una protezione del tipo non dire che non te l’avevo detto, quindi ora non rivalerti, te la sei cercata, arrangiati.
Ora provo a seguire la stessa logica e mi domando perché, tanto per cominciare, all’alcol non sia stato riservato lo stesso trattamento. L'Osservatorio nazionale alcol Cnesps dell'Istituto superiore di Sanità ha stimato che, ogni anno, circa 13.000 uomini e 7.000 donne di età superiore ai 15 anni muoiono solo in Italia per una causa di morte totalmente o parzialmente alcol correlata. L'alcol, direttamente o indirettamente è la prima causa di morte tra i giovani sino all'età di 24 anni. Non meriterebbe un’etichetta?
Poi penso al gioco. Secondo uno studio Agipronews su dati Istat e Confcommercio, nel 2009 ogni Italiano residente ha speso per i giochi pubblici 906 euro, considerato che io non ho speso nulla già c’è qualcuno che ne ha spesi 1812. In totale ciò equivale al 6% dei consumi annui con una crescita nell’ordine del 30% su base biennale, peraltro in palese controtendenza rispetto al resto dei consumi. In valore assoluto nei primi cinque mesi del 2010 gli Italiani si sono giocati oltre 25 miliardi di euro, 167 milioni ogni santo giorno. Per inciso l’ultima celeberrima manovra ne prevede l’incremento ulteriore. Non meriterebbe un’etichetta?
Procedo. I cartelli luminosi in autostrada mi ricordano che nell’ultima settimana quattro bambini sono stati sbalzati dall’abitacolo dell’auto su cui viaggiavano. Secondo una ricerca Fiat presentata in occasione del lancio della seconda edizione della campagna informativa ‘Bimbisicuramente’, gli incidenti stradali in Italia sono la prima causa di morte per bambini e ragazzi tra i 5 e i 14 anni. Le auto peraltro inquinano pure. Non meriterebbero un’etichetta?
E che dire poi del rischio rappresentato dalla nostra abitazione. Secondo un’indagine Istat del 2009, nel nostro Paese, in casa, compresi balconi, giardino, garage, cantina, scala, si sono verificati più di 3 milioni di incidenti con costi che, solo per i ricoveri, superano i 400 milioni di euro. Non meriterebbe un’etichetta?
Potrei continuare per pagine e pagine ma concludo. Sigarette, alcol, gioco, automobili, case e quant’altro vi venga in mente sono certamente pericolosi per la salute dei singoli e quindi per la società nel suo complesso ma di questo passo dovremmo/potremmo etichettare qualunque cosa. Vi faccio quindi una proposta risolutiva così tagliamo la testa al toro; andiamo alla fonte e pensiamo a noi, uomini e donne di questo pianeta, guardiamoci attorno… non meriteremmo un’etichetta?
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