Il fatto ormai non più recente di nuovi disagi ‘invisibili’ sembra manifestarsi soprattutto in una ben precisa fascia sociale della nostra popolazione. Una fascia che, con qualche approssimazione, potremmo definire “ceto medio impoverito”, anch’essa in silenziosa e veloce espansione e trasformazione.
Mi riferisco a persone che, pur partendo da una condizione economica decorosa, incrociano eventi esistenziali che, a motivo della scarsità di risorse culturali e/o relazionali, finiscono per collocarli rapidamente ai confini della soglia di povertà (è il problema ormai molto diffuso della quarta – a volte terza – settimana):
– senza che ciò sia visto dai servizi di welfare, perchè si tratta il più delle volte di quelle situazioni di disagio invisibile, che non rientrano nel mandato istituzionale di questi servizi;
– con una forte difficoltà (vergogna) ad esplicitare la nuova condizione in cui il singolo o la famiglia si vengono a trovare, poiché tale ammissione contrasterebbe con l’immagine esterna.
Gli eventi biografici che provocano questi slittamenti fino a pochi anni fa appartenevano alla sfera della ‘naturalità’, ma oggi, in un contesto in cui molti airbag del vecchio modello di welfare sono insufficienti o sono stati parzialmente ridotti, provocano spesso all’interno delle famiglie smottamenti tellurici irreversibili. Pensiamo ad esempio:
– all’insorgere improvviso di una malattia o di una situazione di invalidità permanente in chi rappresenta la principale fonte di reddito in una famiglia;
– all’uscita, anche temporanea, dal mercato del lavoro di persone intorno ai cinquant’anni;
– alla situazione di anziani che invecchiano senza avere figli in grado di sostenerli;
– a donne separate con figli e con poche reti parentali e sociali;
– a coppie che passano improvvisamente dal poter contare su due genitori in grado di accudire i figli al dover fare i conti con due genitori invalidi da accudire.
Il ceto medio impoverito si presenta come il target politico cruciale di quest’epoca (lo è del resto da vent’anni negli Stati Uniti). È come se si fosse costituita una nuova casta di “paria altolocati”, di cittadini invisibili e vulnerabili che stanno scivolando, senza particolari fragori, verso la povertà e al contempo, non sentendosi visti dallo Stato in questa loro condizione, sono in esodo silente della cittadinanza.
L’area degli ‘invisibili’ sta sviluppando, rispetto al rapporto con le istituzioni e coi soggetti sociali e politici attivi, uno schema di lettura più binario che mai: noi/voi, dove noi sta per “poveri cittadini colpiti da nuovi disagi e nuove povertà che nessuno riesce a vedere e comprendere” e voi sta per “quelli che si fanno le cose loro con i soldi pubblici”, dove all’interno delle cose loro stanno tutti i tipi di progetti sociali che, ancorché partecipati, non prevedano una co–costruzione iniziale degli obiettivi con i destinatari, e dove tra i quelli vengono collocati alla rinfusa, in un unico calderone: Stato, enti locali, aziende sanitarie locali, cooperative sociali, volontariato organizzato.
Così chi, nelle istituzioni e nella società civile, ha a cuore il bene comune della collettività, non può non porsi il problema del coinvolgimento di questa maggioranza di vulnerabili, silente e assai diversa della maggioranza silenziosa di cui così spesso si è parlato nella storia del dopoguerra italiano: quella maggioranza era composta da persone che abitavano un contesto sociale più stabile e che non ponevano in questione l’appartenenza allo Stato; la novità odierna consiste nel fatto che “i cittadini passivi oggi, in quanto economicamente ed esistenzialmente esasperati, sono parzialmente ostili allo Stato e dunque potenzialmente eversivi”.
Al contempo ciò costituisce anche una grande ‘opportunità’: infatti questa tipologia di persone è in cerca di appartenenze, e dunque, se da un lato può essere attratta da messaggi semplificatori, dall’altro può essere persuasa da un approccio in grado di rassicurare senza illudere.
Mi domando se nell’agorà più importante della nostra Italia in questi giorni ci siano pensieri di questo genere. E a Crema? La campagna elettorale si è già aperta, quali sono i pensieri generanti e fondanti un governo della città ?
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