giovedì 19 gennaio 2012

MA E' DAVVERO EQUA QUESTA EQUITALIA?


Sono contro le bombe, contro le minacce e le strategie del terrore: è una premessa doverosa per non generare equivoci quando si trattano materie delicate. Certi metodi non solo risultano moralmente inaccettabili ma nella storia non hanno fatto altro che rafforzare quelle idee che cercavano di colpire con violenza anche laddove in quelle idee si potevano ravvisare aspetti controversi.
In questo clima diventa più difficile ragionare sul funzionamento di Equitalia (società pubblica, 51% Agenzia delle entrate, 49% Inps) e sulla sua politica di riscossione del fisco ma sono convinto che occorra farlo. Negli ultimi anni infatti questa politica di riscossione ha esacerbato gli animi dei cittadini che si sono sentiti vessati dal fisco senza aver modo di difendersi ad armi pari. Un esempio classico sono quei disguidi per i quali si finisce nel “mirino” di Equitalia quasi senza saperlo perchè la cartella esattoriale non è arrivata e decorsi 60 giorni dalla notifica senza opposizione si forma automaticamente il titolo esecutivo; oppure si pensi a quel sistema bizantino che dà per notificate alcune presunte notifiche laddove ci si è semplicemente limitati a lasciare una cartolina gialla nella buca delle lettere (senza sincerarsi della avvenuta conoscenza della comunicazione). Da adesso in poi per fortuna, grazie al decreto 106/2011, Equitalia dovrà rispettare una procedura diversa che tutela maggiormente i diritti dei contribuenti preservandoli dall’effetto sorpresa di cui sopra.

In generale mi sono chiesto, a seguito dei numerosi incontri con persone su cui grava un pesante debito con Equitalia, se si possa definire equa una politica fiscale che con modalità “meccaniche” costringe spesso in un angolo persone già fragili togliendo loro ogni possibilità di riscatto; intendiamoci, non si vuole questionare sulla opportunità di intervento laddove ci siano stati degli errori o delle inadempienze più o meno volute bensì sul modo in cui si sceglie di farlo: ho bene in mente il caso di un uomo che dopo aver affrontato alcuni problemi personali è riuscito a ripartire con il proprio lavoro (autonomo, imbianchino) ma che, gravato da un pesante debito con Equitalia, si è trovato in una specie di morsa dalla quale sembra ora impossibile uscire: vuole infatti pagare (e sta pagando) il suo debito ma la rateizzazione imposta (che nessuno in Equitalia è disposto a ridiscutere né con lui né con il suo avvocato) è alquanto impegnativa e per molto tempo non consentirà lui di “progettare” il proprio futuro; da qui il dubbio amletico: pagare rate di oltre 500 euro mensili (sperando tra l’altro che il lavoro non manchi) e sopravvivere o scegliere di non pagare innescando così una serie di conseguenze a catena (impossibilità di farsi rilasciare il Durc per partecipare alle gare d’appalto, revoca del fido bancario, iscrizione alla centrale rischi della Banca D’Italia, fermo amministrativo dei mezzi di trasporto, ipoteca sulla casa e pignoramenti vari)?
Come questo molti altri casi, più o meno complessi. E allora chiedo: Equitalia è davvero equa? Prendere per la gola i cittadini senza lasciare loro la concreta possibilità di riparare ai propri errori e riscattarsi rispecchia davvero l’idea di equità e giustizia che vogliamo?
Il giorno dopo l’attentato alla sede di Roma il Presidente del Consiglio Mario Monti, persona stimabile al di là dell’opinione politica che su di lui si possa avere, ha affermato che occorre difendere Equitalia in quanto ente che fa rispettare le regole; io intravedo almeno due rischi: il primo è una specie di beatificazione delle regole in sé che rischia di trasformarsi in un fondamentalismo delle stesse e provocare danni; il secondo la drammatica fotografia di una “Iniquitalia” dove le regole vanno fatte rispettare in modo severo solo ad alcuni cittadini mentre la flessibilità (e a volte l’impunità) è riservata a categorie “speciali” (le scelte sui capitali scudati ne sono forse l’emblema).
Sappiamo che i grandi cambiamenti, quelli che riguardano la cultura ed il modo di pensare, si prendono a volte anche grandi tempi, necessitano di muovere piccoli passi proprio per potersi consolidare e rappresentare la vera alternativa alle strategie del terrore.
Tuttavia occorre anche “difendersi” e diffondere quella conoscenza che permette ad ognuno di noi di attivarsi per rendere più giusta la nostra comunità: a tal proposito, la giornalista Elena Polidori ha da poco scritto un libro dal titolo “Resistere ad Equitalia” (Alberti Editore), in cui questi temi vengono affrontati approfondendo le logiche della giustizia ordinaria , una sorta di manuale operativo per far fronte alle richieste della agenzia di riscossione, nell’attesa di aprire una dibattito serio sulla nostra idea di equità.

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