Sono contro le bombe, contro le
minacce e le strategie del terrore: è una premessa doverosa per non generare
equivoci quando si trattano materie delicate. Certi metodi non solo risultano
moralmente inaccettabili ma nella storia non hanno fatto altro che rafforzare
quelle idee che cercavano di colpire con violenza anche laddove in quelle idee
si potevano ravvisare aspetti controversi.
In questo clima diventa più
difficile ragionare sul funzionamento di Equitalia (società pubblica, 51%
Agenzia delle entrate, 49% Inps) e sulla sua politica di riscossione del fisco
ma sono convinto che occorra farlo. Negli ultimi anni infatti questa politica
di riscossione ha esacerbato gli animi dei cittadini che si sono sentiti
vessati dal fisco senza aver modo di difendersi ad armi pari. Un esempio
classico sono quei disguidi per i quali si finisce nel “mirino” di Equitalia
quasi senza saperlo perchè la cartella esattoriale non è arrivata e decorsi 60
giorni dalla notifica senza opposizione si forma automaticamente il titolo
esecutivo; oppure si pensi a quel sistema bizantino che dà per notificate
alcune presunte notifiche laddove ci si è semplicemente limitati a lasciare una
cartolina gialla nella buca delle lettere (senza sincerarsi della avvenuta
conoscenza della comunicazione). Da adesso in poi per fortuna, grazie al
decreto 106/2011, Equitalia dovrà rispettare una procedura diversa che tutela
maggiormente i diritti dei contribuenti preservandoli dall’effetto sorpresa di
cui sopra.
In generale mi sono chiesto, a
seguito dei numerosi incontri con persone su cui grava un pesante debito con
Equitalia, se si possa definire equa una politica fiscale che con modalità “meccaniche”
costringe spesso in un angolo persone già fragili togliendo loro ogni
possibilità di riscatto; intendiamoci, non si vuole questionare sulla
opportunità di intervento laddove ci siano stati degli errori o delle
inadempienze più o meno volute bensì sul modo in cui si sceglie di farlo: ho
bene in mente il caso di un uomo che dopo aver affrontato alcuni problemi
personali è riuscito a ripartire con il proprio lavoro (autonomo, imbianchino)
ma che, gravato da un pesante debito con Equitalia, si è trovato in una specie
di morsa dalla quale sembra ora impossibile uscire: vuole infatti pagare (e sta
pagando) il suo debito ma la rateizzazione imposta (che nessuno in Equitalia è
disposto a ridiscutere né con lui né con il suo avvocato) è alquanto
impegnativa e per molto tempo non consentirà lui di “progettare” il proprio
futuro; da qui il dubbio amletico: pagare rate di oltre 500 euro mensili
(sperando tra l’altro che il lavoro non manchi) e sopravvivere o scegliere di
non pagare innescando così una serie di conseguenze a catena (impossibilità di
farsi rilasciare il Durc per partecipare alle gare d’appalto, revoca del fido
bancario, iscrizione alla centrale rischi della Banca D’Italia, fermo
amministrativo dei mezzi di trasporto, ipoteca sulla casa e pignoramenti vari)?
Come questo molti altri casi, più
o meno complessi. E allora chiedo: Equitalia è davvero equa? Prendere per la
gola i cittadini senza lasciare loro la concreta possibilità di riparare ai
propri errori e riscattarsi rispecchia davvero l’idea di equità e giustizia che
vogliamo?
Il giorno dopo l’attentato alla
sede di Roma il Presidente del Consiglio Mario Monti, persona stimabile al di
là dell’opinione politica che su di lui si possa avere, ha affermato che
occorre difendere Equitalia in quanto ente che fa rispettare le regole; io
intravedo almeno due rischi: il primo è una specie di beatificazione delle
regole in sé che rischia di trasformarsi in un fondamentalismo delle stesse e
provocare danni; il secondo la drammatica fotografia di una “Iniquitalia” dove
le regole vanno fatte rispettare in modo severo solo ad alcuni cittadini mentre
la flessibilità (e a volte l’impunità) è riservata a categorie “speciali” (le
scelte sui capitali scudati ne sono forse l’emblema).
Sappiamo che i grandi
cambiamenti, quelli che riguardano la cultura ed il modo di pensare, si
prendono a volte anche grandi tempi, necessitano di muovere piccoli passi
proprio per potersi consolidare e rappresentare la vera alternativa alle
strategie del terrore.
Tuttavia occorre anche
“difendersi” e diffondere quella conoscenza che permette ad ognuno di noi di attivarsi
per rendere più giusta la nostra comunità: a tal proposito, la giornalista
Elena Polidori ha da poco scritto un libro dal titolo “Resistere ad Equitalia”
(Alberti Editore), in cui questi temi vengono affrontati approfondendo le
logiche della giustizia ordinaria , una sorta di manuale operativo per far
fronte alle richieste della agenzia di riscossione, nell’attesa di aprire una
dibattito serio sulla nostra idea di equità.
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