Le storie delle persone con disabilità e con uno sguardo a 360° su tutte le situazioni e contesti di vita della famiglia stessa, traducono una consapevolezza che non discriminare significa fare in modo che le stesse persone con disabilità e le loro famiglie possano avere pari opportunità rispetto a quelle che amano definirsi “normodotate” ed essere, quindi, realmente incluse nella scuola, svolgere un lavoro vero, praticare lo sport per tutti, avere una vita sociale, di relazione, affettiva e sessuale, una famiglia, una casa, partecipare alle scelte che le riguardano direttamente ed indirettamente ed alla vita di comunità, agli svaghi, etc…cioè essere parte integrante del “vivere contemporaneo” ricollocando la propria vita in un ambito di vita “normale”, di qualità e degna di essere vissuta.
“Il sessuale è innanzitutto lo sconveniente, ciò di cui non è lecito parlare.”
Così scriveva Freud in Introduzione alla psicoanalisi quando alla fine del XX secolo sconvolse l’opinione pubblica con le sue teorie.
Oggi, più di un secolo dopo, ci sembra quasi impossibile pensare al sessuale come a qualcosa di cui non si può parlare: tutti ne parlano, in ogni modo possibile; le nostre menti sono costantemente investite da questo argomento tramite i media, la tv ed internet. Tuttavia ci sono ancora numerosi ambiti in cui la citazione di Freud può essere ritenuta attuale, almeno fino a qualche anno fa: uno di questi è la disabilità.
Perché dedicare uno spazio specifico proprio al tema della sessualità e della disabilità?
Il tema della sessualità delle persone con disabilità spesso è legato alle questioni esistenziali o bioetiche che maggiormente si prestano all'illusione di un facile approccio e di un esercizio di facili soluzioni, ma non è così. Questo, infatti, è un argomento di straordinaria complessità, che coinvolge in modo dirompente la qualità della vita delle persone.
Considerata, dunque, la grande difficoltà a rispondere alle richieste di aiuto da parte delle persone con disabilità e delle famiglie e degli operatori dei servizi pubblici e del privato sociale, si rende sempre più necessario individuare una specifica linea progettuale, pensata e organizzata per rispondere in modo più appropriato a tutte le implicazioni che un argomento di questa portata comporta. Timidi tentativi ci sono stati anche nel cremasco, occorre rafforzare questa linea con convinzione. Una testimonianza fra le tante, o meglio tra le tante conosciute.
Il tema della sessualità delle persone con disabilità spesso è legato alle questioni esistenziali o bioetiche che maggiormente si prestano all'illusione di un facile approccio e di un esercizio di facili soluzioni, ma non è così. Questo, infatti, è un argomento di straordinaria complessità, che coinvolge in modo dirompente la qualità della vita delle persone.
Considerata, dunque, la grande difficoltà a rispondere alle richieste di aiuto da parte delle persone con disabilità e delle famiglie e degli operatori dei servizi pubblici e del privato sociale, si rende sempre più necessario individuare una specifica linea progettuale, pensata e organizzata per rispondere in modo più appropriato a tutte le implicazioni che un argomento di questa portata comporta. Timidi tentativi ci sono stati anche nel cremasco, occorre rafforzare questa linea con convinzione. Una testimonianza fra le tante, o meglio tra le tante conosciute.
Scrive una lettrice de "Il Corriere": <Ho conosciuto mio marito a 17 anni, a 20 ci siamo sposati. Alcuni pensavano che il mio fidanzato fosse coraggioso a sposare una disabile, altri erano convinti che si stesse inguaiando, perché si pensa sempre che un disabile non sia in grado di costruirsi un avvenire. In certi casi è vero, ma la mia vita matrimoniale è stata, ed è, soddisfacente e, a tre anni dalle nozze, è nata nostra figlia ed è stupefacente notare come un bambino capisca le difficoltà del genitore disabile. Come per tutte le coppie, per noi contano collaborazione e dialogo. E qualche momento insieme per riscoprire il valore dell'amore>.
Risponde F. B. - Giornalista, esperto in diritti delle persone disabili : “ Questa lettera, che non chiede nulla ma restituisce molto, a tutti noi, è bellissima. Dà il senso vero di una cultura dei diritti vissuta in prima persona, durante un'intera esistenza. La condizione di disabilità, infatti, può riguardare ciascuno di noi, in ogni momento della vita, non solo alla nascita, non solo nella vecchiaia. La nostra lettrice è riuscita a combattere contro i pregiudizi della società, e immagino della famiglia, e a vincere. Non voglio essere retorico, ma certamente la motivazione forte dell'amore per un'altra persona, e poi la gioia di mettere al mondo un bambino, e dunque un doppio progetto di vita, quello di coppia, e quello di genitori, è stata la molla per affrontare in modo corretto le difficoltà, i disagi, le piccole e grandi vessazioni, spesso soprattutto psicologiche, che accompagnano l'esistenza di una persona con disabilità. Mi permetto di segnalare che questa lettera conferma ciò che spesso viene messo in discussione, anche di recente, attraverso provvedimenti che tolgono risorse e complicano l'accesso ai servizi, agli ausili, alle agevolazioni fiscali, ai benefici di legge: ossia il diritto di cittadinanza piena, non residuale, di persone che, messe in grado di esprimersi al meglio, possono rappresentare, per il nostro Paese, una grande risorsa, anche morale.”
Fonte: corriere.it - redattore: g.m.
COMPLIMENTI,ARGOMENTO STRAORDINARIO
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