sabato 19 maggio 2012

RESILIENZA: QUELLO CHE NON HO!


No! E’ solo una coincidenza temporale con il programma televisivo di successo targato Fazio/Saviano, ma certe parole  esprimono bene il vissuto, anche sofferto, della nostra vita.
La mia parola è resilienza.
La resilienza è da più parti definita come la capacità di un oggetto di "non rompersi" nel momento di un urto, ma questo non è del tutto corretto, perché si rischia di includere anche gli oggetti molto duri (o resistenti) oppure elastici.
In realtà la resilienza è la capacità di un oggetto di recuperare la propria forma dopo un urto; per un individuo, essere resiliente significa essere in grado di tornare a vivere dopo aver “subito l'urto” di un evento spiacevole, significa rialzarsi dopo essere caduti. Rialzarsi dopo una malattia, dopo la perdita di una persona cara, o di una parte importante della nostra vita è sempre difficile ma è l'unica cosa che possiamo fare. Ogni giorno facciamo esperienze di resilienza. Il mondo è pieno di persone dotate di una straordinaria resilienza. Essere resilienti è la dimostrazione che i punti di forza (fattori di protezione) possono superare i punti di debolezza (fattori di rischio) ed è possibile riuscire a spezzare il corso scritto degli eventi, riuscire ad essere diversi e “discontinui” rispetto al destino che era stato scritto per noi.
Certo alcuni hanno una naturale propensione alla resilienza, altri, purtroppo, no. Per questo è importante apprenderla, ricevere un sostegno e un supporto che aiuti a svilupparla (fin da piccoli).
Per riuscire, quando sarà il momento, a spiegarla come una vela nuova, dopo che la nostra barca ha attraversato una terribile tempesta che ha strappato le vecchie vele.
Verifichiamo quanto – tutti i giorni – la resilienza sia importante per le persone che conosciamo.
Sto pensando in questo momento a troppe situazioni che possono entrare in questa chiave di lettura: famiglie in difficoltà, singoli papà e mamme, gruppi, imprenditori…
E’ un fenomeno assolutamente nuovo quello dei piccoli imprenditori che di fronte alla crisi si tolgono la vita. In altri tempi c’erano suicidi, ma per di più legati a fatti personali. Ora invece il tracollo della propria impresa mette a repentaglio la legittimazione come imprenditore e quindi la legittimazione sociale, il benessere personale.
Ci vuole un nuovo approccio, un nuovo modello di resilienza, forse basterebbe una prossimità diversa, un’attenzione sensibile al vicino, un equilibrio che ascolta tra le pieghe: nuove forme di adattabilità al contesto e capacità di autoriparazione affinché l’ecosistema sociale esca dalla crisi rafforzato e non, come sta succedendo al nostro Paese, con le stesse debolezze strutturali.
Nell’attuale contesto di sfiducia crescente verso noi stessi, verso il futuro, verso tutto e tutti vengono sfidati i nostri stili di vita nella loro resilienza in forme radicalmente nuove.

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