domenica 16 gennaio 2011

IL PIANO PER IL GOVERNO DEL TERRITORIO

In questi mesi a Crema come in molti altri comuni italiani si è discusso del Piano per il Governo del Territorio, il P.G.T.
Il dibattito ha vivacizzato le sezioni di cronaca dei giornali locali. Lo scontro tra maggioranza e opposizione ha riempito pagine e pagine di verbali dei consigli comunali. Decine (a volte centinaia) sono stati gli emendamenti e le proposte di modifiche, integrazioni e cambiamenti.
Gli interessi politici si sono, come spesso accade, mescolati con gli interessi economici. Gli indirizzi politici mai come in questa occasione avranno conseguenze dirette sul tornaconto economico di chi investe nel settore immobiliare e nel settore delle costruzioni. La tutela dell’ambiente si è dovuta confrontare con le spinte per lo “sviluppo” urbanistico e la cementificazione è ritornata come uno spauracchio per chi per motivazione o per ruolo si erge a paladino del verde e della qualità della vita.
A chi è incompetente rispetto a tematiche urbanistiche, è sembrato di cogliere l’ennesima frattura tra le diverse politiche: chi ha a cuore lo sviluppo (governo?) del territorio come si confronta con chi ha a cuore il bene delle comunità, il benessere dei cittadini, la serenità e l’armonia dei residenti.
Come sono state coinvolte le comunità, la gente, le persone? Come lo saranno nel futuro?
Quali sono state le priorità, le idee guida, la visione di riferimento per il bene delle nostre città e dei nostri paesi?
Chi governa, si legge nel Costituto Senese del 1309, deve avere a cuore "massimamente la bellezza della città, per cagione di diletto e allegrezza ai forestieri, per onore, prosperità e accrescimento della città e dei cittadini".
E che il bene della collettività dovesse necessariamente passare dalla condivisione e dalla trasparenza e fosse al centro degli obiettivi del governo senese di quel periodo, lo dimostra anche il fatto che pochi anni dopo venne dato incarico ad Ambrogio Lorenzetti di dipingere in una sala di Palazzo Pubblico le ormai celeberrime allegorie con “Gli effetti del buono e del cattivo governo”, una sorta di ulteriore traduzione - questa volta “visiva” - dei principi che il Costituto Senese faceva propri e che così potevano essere alla portata anche di chi non sapeva leggere, nel segno di una classe dirigente matura, che non temeva di aprirsi e dichiarare i suoi intenti di conduzione della res publica, rendendo consultabile il proprio progetto politico.

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