domenica 17 luglio 2011

IL WELFARE FAMILIARE HA VITA BREVE

Sulla stampa nazionale è stata data notizia di una nuova ricerca sul sistema famiglia in Italia.
Tra i tanti dati presentati, colpisce quello relativo alla capacità delle famiglie di risparmiare, di mettere da parte qualche “riserva” per il futuro.
Ben il 52,8% delle famiglie italiane non riesce a mettere da parte nulla e questo dato sale al sud ben oltre il 65%.
Alcune considerazioni a “ruota libera”.
C’è ancora qualcuno che si vuole illudere che sarà sempre la famiglia a compensare o ammortizzare le fatiche delle nuove e future generazioni?
Certo è la crisi che “colora” i nostri giorni e che copre tutto con tinte scure e poco ottimistiche, ma forse c’è qualcosa di più.
In questi giorni sto trascorrendo un periodo di vacanza con la mia famiglia e mi ritengo un privilegiato per le opportunità che mi ritrovo a vivere. Ciò detto, mi accorgo sempre di più di come lo “stile di vita” individuale sia fortemente messo alla prova da “sollecitazioni” collettive che ti chiamano a impegnare le tue risorse economiche in scelte che hanno fondamento unicamente nella parola “consumo”.
Le difficoltà che incontrano le famiglie medie, quelle che hanno redditi certi da lavoro dipendente, diventano drammi per chi vive una situazione di precariato o addirittura di assenza di entrate.
Ciò nonostante non si percepisce una chiara indicazione di cambiamento di rotta: il consumo rimane la linea guida del nostro star bene, lo standard di benessere viene presentato come fortemente connesso alle dimensioni dell’avere e del poter spendere. Nessun riferimento alle dimensioni relazionali, al contenimento degli sprechi, alla riduzione del consumo fine a se stesso.
In molti casi le “fatiche economiche” sono anche motivo di compromissione di legami familiari e occasione di scontri, dissapori e fratture. E allora un’ultima considerazione: se la famiglia non sarà più il primo sistema di welfare informale per garantire un minimo di aiuto economico tra le diverse generazioni, cosa potrà succedere se non saremo capaci di salvaguardare almeno la dimensione relazionale tra le famiglie d’origine e le famiglie di elezione, tra i genitori e i figli, tra i fratelli e le sorelle…?
L’attesa passiva di un futuro che verrà senza azioni pensate e mirate di promozione di un “nuovo benessere” potrà vedere un ulteriore accentuarsi della differenza tra i tanti poveri, i tantissimi vulnerabili e i pochi ricchi. Ma il rischio più grosso, forse, riguarda l’isolamento relazionale e la solitudine, rischio che non risparmia nessuno e che non guarda al conto in banca.

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