giovedì 31 marzo 2011

DI MITRA, DI BALL, DI CRISTI E DI GIUBBOTTINI

Avrei potuto mantenermi su alti livelli per affrontare argomenti tanto seri, avrei potuto affidarmi al “mitra” di Raffaele Lombardo, presidente della Regione Sicilia, oppure appellarmi all’aulico “föera dai ball” di Umberto Bossi, Ministro della Repubblica per le Riforme del Federalismo (maiuscole del sito ufficiale del Governo italiano); in alternativa avrei potuto anche sentirmi come Silvio Berlusconi, Primo Ministro, ondivago fra l’“addolorato” e “dispiaciuto” per Gheddafi e il disponibile all’aiuto di quei “poveri Cristi”; probabilmente però, lo devo ammettere francamente, pur con tutta la buona volontà e l’impegno, non so se avrei potuto raggiungere la vetta intellettuale scalata dall’onorevole Giancarlo Lehner dei Responsabili che propone di “agitare lo spauracchio della castrazione chimica
Avrei potuto, ma ho deciso di stare basso, grezzo e semplice, financo semplicistico, d'altronde non sono politico né politologo, sono solo uno qualunque.

Quest’anno cade per l’Italia un anniversario importante… no non mi riferisco ai 150 anni dall’unione ma ai 100 dall’invasione armata della Libia che allora peraltro non esisteva neppure in quanto tale, ove restammo da dominatori sino al 1943. Il fenomeno del colonialismo, in cui l’Italia ha recitato una parte tutto sommato marginale, si è strutturato nel corso degli anni in forme diverse, anche drammatiche e sanguinarie, non esitando comunque nella spoliazione dei territori occupati con conseguente impoverimento e sfruttamento delle popolazioni locali, nella migliore delle ipotesi con la concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi o pochissimi eletti, eletti nel senso di preferiti, non certo di votati.
Quand’anche le dominazioni formali sono terminate col ritorno o la fondazione di Stati sovrani si è in più casi provveduto a mantenere comunque solidi rapporti fra i governanti locali e le autorità delle nazioni colonizzatrici col medesimo risultato, cioè il trasferimento delle ricchezze verso l’Europa ed il controllo della popolazione, questa volta però attraverso il sostegno e la complicità (leggi denaro, armi, riconoscimento internazionale, scambi commerciali e finanziari, baciamani e quant’altro) forniti ai potenti del luogo nel nome della real politik, concetto dalle nobili origini che oggi, applicato alla politica estera credo possa tranquillamente tradursi con “porcata internazionale compiuta a fini economici e protezionistici perpetrata da pochi a danno di molti alla faccia dei diritti umani”.
Da qualche tempo alcuni dei popoli vessati da secoli col nostro beato intercedere (anche mio), si sono permessi di alzare la testa, si sono permessi di chiedere, magari anche di reclamare, chi diritti, chi libertà, chi denaro o ricchezza in genere, alcuni addirittura si sono spinti anche fisicamente nei nostri territori pretendendo, sentite un po’, di dividere con noi i beni, materiali o meno, di cui sopra, suscitando disturbo, irritazione e fastidio in buona parte della popolazione italiana.
Aiutatemi a capire… se per secoli andiamo noi a prendere ricchezze, in Africa ad esempio, petrolio, gas, diamanti, mano d’opera, lasciando poi gli Africani a morire di fame e sete (letteralmente) ci devono accogliere a braccia aperte e ringraziarci pure, se invece loro vengono a riprendersele (concettualmente) o semplicemente ne reclamano una parte sono, nella migliore delle ipotesi, arroganti clandestini da respingere “con le scarpe da ginnastica firmate, il giubbottino all’occidentale e il telefonino in mano”, per dirla alla Luca Zaia, presidente della Regione Veneto; insomma non basta più il “giubbottino”, di questo passo c’è il rischio che di occidentale vogliano pure la democrazia ed il benessere.
In conclusione vi lascio con un dubbio: quando i governi delle grandi potenze internazionali dicono di volere affrontare il problema dei migranti, clandestini o meno, intendono risolvere il problema che i migranti hanno o quello che per loro rappresentano?

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