Ci voleva il periodo di
arrabbiatura generale, l’ora notturna ed infine il post di Massimo per
convincermi a scrivere di un argomento che da qualche tempo mi gira in testa.
Mi sono trattenuto sin ora per due motivi. Primo: so di andare controcorrente,
contro moda, e non sarebbe un problema, mi capita di frequente. Secondo: non ho
le idee sufficientemente chiare, e questo sì, potrebbe essere un problema.
Concordo e rilancio sul
fatto che ci si debba prendere pubblicamente la responsabilità individuale di
come si vive anche da privati cittadini: etica, morale e giù giù sino alle
spicce scelte quotidiane ma non mi si affibbi la responsabilità di quello che
fanno o non fanno gli altri. Non ho né tempo né voglia né tantomeno competenze
per sapere di qualunque cosa e quindi delego, certo che delego, anche se non
per sempre e non comunque ma delego. Nessuna società complessa potrebbe
funzionare senza il meccanismo della delega.
Ti delego a costruirmi
la casa, a procacciarmi del cibo, ad istruire i miei figli, a curarmi se sto
male, a scegliere per me e per tutti le leggi migliori per il vivere comune ma
se fallisci poi non dirmi che il problema sono io, non dirmi che il problema è
nella delega, non dirmi che il problema è nel sistema, il problema è
nell’incompetenza, nell’inettitudine e/o nella malafede del delegato che si è
proposto per quel compito.
Se ci limitiamo all’ambito
privato il mercato, anche dei servizi, si regola da sé; se mi deludi, con la
mia testa e con i miei soldi, delegherò qualcun altro a svolgere, meglio di
come tu abbia fatto, le tue funzioni; se poi migliori buon per te e buon per
me.
Vorrei però concentrare
maggiormente l’attenzione sulla gestione del settore pubblico, in particolar
modo di res publica e quindi di servizi pubblici. Qui le cose cambiano,
considerando che non mi risulta esistano modalità legali per cui io possa
delegare qualche altro Stato e posto che i miei soldi li devo condividere a
prescindere e percentualmente ne devo condividere anche parecchi.
I politici di turno,
compresi gli amministratori locali (ma vale anche per gli incaricati a vario
titolo di pubblico servizio), sono cittadini delegati a svolgere alcune delle
funzioni per cui io, impegnato in altro, ritengo, magari temporaneamente o magari
per sempre, di non avere tempo, voglia o competenze che invece loro sostengono liberamente
di avere. Non ricordo di cittadini costretti a divenire politici; potremmo fare
ragionamenti diversi se nessuno si proponesse.
Io cittadino mi assumo
la responsabilità di ciò che mi sono impegnato a produrre con fondi e risorse
private e chiedo a te, politico, che ti sei pubblicamente impegnato, di fare
altrettanto con fondi e risorse pubbliche. Io, in più, mi impegnerò a premere,
con tutti i mezzi se necessario, perché tu produca al meglio; ti chiedo di
ascoltarmi e di decidere ma tu non mi chiedere di fare al posto tuo e non
lasciare che altri lo facciano; non mi chiedere di assolvere a quei compiti che
sono direttamente o indirettamente sotto la tua responsabilità. A te politico, a
tal fine, affido più della metà del mio reddito e la realizzazione delle mie
idee. Se a scuola non c’è la carta igienica non chiedere a me di portarla da
casa.
L’esaurirsi delle
risorse ma meglio sarebbe dire le crescenti difficoltà nel reperire credito, hanno
riportato in grande spolvero, abusandone e travisandolo, il concetto di
sussidiarietà. Così i cittadini, non politici, si sentono sodisfatti protagonisti
nel loro orticello ed i politici, non più cittadini, scaricano le loro
responsabilità e creano miope consenso lasciando a gruppi, più o meno
organizzati, ampi margini di movimento, per non dire di ingerenza negli affari
pubblici.
Nascono così comitati e
associazioni che sotto la bandiera della (loro) vera civiltà, perdono di vista
il bene comune e competono, a scapito del gruppo di fianco e della collettività,
per l’accaparramento di risorse e la gestione personale di beni e servizi teoricamente
pubblici, che il pubblico non sa difendere e garantire, non vuole o non sa gestire.
Non mi si dica che il
risultato è una più equa distribuzione delle risorse o una migliore erogazione
di beni e servizi per tutta la comunità, il risultato è caos, parcellizzazione,
clientelismo. Senza un vero governo, o dovrei dire governance per tornare ad essere
alla moda, si torna al tutti contro tutti e dalla partecipazione alla
spartizione è giusto un passo.
Tuttavia rimane un problema: a scuola manca la carta igienica ed i nostri figli hanno diritto ad andare in bagno; che si fa...in attesa che i politici si ricordino di essere tali? Forse occorre portare la carta igienicain emergenza e al contempo ricordare loro qual'è il loro compito. Non è forse questo sviluppare cittadinanza attiva?! Non tanto sostituirsi allo stato ma riprenderci in mano il diritto-dovere di incazzarci senza facili qualunquismi e demagogia da quattro soldi?!
RispondiEliminaUn abbraccio e...proseguiamo la discussione dal vivo!
Massimo