domenica 7 agosto 2011

IO, TU, AL E LA TV

“Non può mai nascere una massa critica di opposizione tra individui isolati gli uni dagli altri e chiusi in ambienti insonorizzati, dove possono al più guardare attraverso uno specchio unidirezionale e gridare fino a sgolarsi ma senza riuscire a farsi sentire. Se un numero sufficiente di cittadini smette di partecipare al processo democratico, la democrazia muore”.
Questo post è scritto a quattro mani: le mie e quelle (inconsapevoli, ma spero non se ne dispiaccia troppo) di Al Gore, fa l’altro, fondatore di Current TV, membro del Board dei direttori di Apple, Senior Adviser di Google, autore del film An inconvenient truth, Oscar 2007 per il miglior documentario oltre che vicepresidente degli Stati Uniti d’America con Bill Clinton e da ultimo, si fa per dire, Nobel per la pace nel 2007.
Sfrutterò le sue idee e attingerò a piene mani dal suo The assault on reason del 2007, pubblicato in Italia da Feltrinelli nello stesso anno col titolo di L’assalto alla ragione, al fine di approfondire ed argomentare ulteriormente quanto scritto nel mio precedente post del 28 luglio IO, TU E LA TV.

Al centro del suo scritto si pone la tesi che la potenza unidirezionale ed oligarchica della televisione annulli nella popolazione la capacità di riflessione e di analisi critica contribuendo al degrado della dimensione pubblica relegando, invece, la ragione ai margini del processo democratico.
“Improvvisamente, nell’arco di una generazione, gli Americani hanno modificato profondamente le proprie abitudini quotidiane, sedendo immobili a guardare le immagini baluginanti sullo schermo per oltre trenta ore la settimana. La televisione ha cominciato non soltanto a occupare una parte sempre maggiore del tempo che gli Americani dedicavano alle notizie e alle informazioni, ma anche a dominare una fetta sempre più ampia della sfera pubblica nel suo insieme. Inoltre, come i pubblicitari hanno scoperto, la televisione è in grado di influenzare il comportamento individuale come nessun altro mezzo di comunicazione. (…). La possibilità di manipolare le opinioni e i sentimenti delle masse, (…), viene oggi sfruttata in maniera ancora più aggressiva da una nuova generazione di Macchiavelli mediatici (…). Nel bene e nel male facciamo sempre più spesso ricorso alle immagini elettroniche capaci di sollecitare reazioni emotive, per lo più senza che sia richiesta alcuna forma di riflessione. (…). I muscoli della democrazia hanno cominciato ad atrofizzarsi.”
Chiari esempi di ciò riguardano l’utilizzo della paura (e del sesso) nell’informazione per orientare il consenso “… chiunque voglia promuovere un programma politico dai toni accesi può far presa sulle ansie e le paure della popolazione, alterando il discorso pubblico e la ragione.” Pensate ai titoli dei telegiornali ma soprattutto pensate alle comunicazioni lanciate durante le ultime elezioni amministrative o durante le campagne referendarie: candidati terroristi alla guida di un esercito di cosacchi, zingari ed islamici alle porte di Milano; candidati mafiosi; candidati ed elettori decerebrati; magistrati brigatisti; vecchietti zoppi superati in coda dai soliti cosacchi, zingari ed islamici e pure da persone di pelle nera; profughi immigrati clandestini stranieri delinquenti stupratori; funghi atomici e città prive di energia, popolazioni assetate,…. Ricordo perfettamente l’attuale Ministro della Difesa della Repubblica italiana, durante la campagna per le ultime amministrative per la città di Roma affermare in TV che non era suo interesse sostenere la verità dei fatti ma dare risposte all’emotività dei cittadini (dopo averla sostenuta). Ciò, allora, a proposito della pericolosità degli stranieri, Rumeni, Rom in particolare, sull’onda emotiva (tema poi tornato di moda ma al contrario a proposito della centrale atomica giapponese) di un paio di drammatici episodi di cronaca, con buona pace delle statistiche e delle ricerche sociali. “Così improvvisamente ci troviamo a reagire in maniera esagerata alle minacce illusorie e a non reagire a sufficienza alle minacce reali” ad esempio, giusto per prenderla sul ridere, visto il periodo, è importante difendersi dal caldo ed avvisare, attraverso l’intervista al professore esperto di turno, gli anziani che stanno affrontando la loro settantesima e passa estate che da giugno a settembre il caldo si fa sentire e che non è opportuno uscire alle 13 ubriachi per una corsa forsennata sotto il sole coperti dalla sciarpa di Natale, non se ne fossero accorti prima… meno importante che nello stesso periodo milioni di persone stiano morendo di sete, letteralmente e qui c’è poco da ridere.
“Il successo, il fallimento e il carattere fondamentale di una nazione si definiscono per il modo in cui essa sfida l’ignoto e affronta la paura; (…). Un leader è colui che sa infondere nel popolo la capacità di gestire e superare la paura; un demagogo è colui che sfrutta le paure altrui per il proprio tornaconto politico.”
Naturalmente ribaltare le accuse dai danarosi e potenti gruppi di interesse, politici od economici che siano (anche se distinguerli ultimamente è francamente sempre più complicato) agli apatici cittadini pigri, distaccati o disillusi è un attimo, ciò che resta è comunque il basso livello di partecipazione, secondo Gore attribuibile sostanzialmente all’unica direzione in cui l’informazione procede.
Nelle sue pagine vengono spesso evocati i valori guida dei Padri Fondatori che salpati dall’Europa sospinti dalle raffiche dell’Illuminismo avevano chiaro che “una cittadinanza ben informata può autogovernarsi e garantire la libertà a tutti gli individui, sostituendo la ragione alla forza bruta.” Erano però tre le caratteristiche fondamentali, vitali, a garanzia dello “spazio pubblico, sfera pubblica o mercato delle idee”. Innanzitutto era aperto a chiunque, nelle due direzioni, in ricezione ma anche in produzione. In secondo luogo il successo o meno delle idee dipendeva sostanzialmente dal merito intrinseco delle idee stesse, a prescindere dalle condizioni socioeconomiche del proponente. Da ultimo si condivideva il presupposto che tutti i partecipanti al dialogo democratico tendessero ad un accordo generale. In sostanza ce la si giocava alla pari, oggi invece “le corporation controllano le opinioni che inondano le menti dei cittadini, scegliendo con cura le idee da sviluppare e amplificare con tanto fragore da far passare sotto silenzio altre opinioni che, a prescindere dal merito, non hanno un mecenate tanto facoltoso. Il risultato è, a tutti gli effetti, un golpe per rovesciare il principio di ragione.”
Nonostante, come già documentato, la televisione continui a rappresentare la principale, per quantità, fonte di informazione “internet offre agli individui sempre nuovi strumenti per ristabilire il ruolo che hanno svolto in passato nella democrazia americana. I blog, per esempio, si stanno trasformando in un sistema di controlli e contrappesi per contrastare la divulgazione di informazioni imprecise sui mezzi di comunicazione di massa.” Naturalmente ciò vale anche in Italia, in Tunisia (Non ho più paura il libro sulla rivoluzione tunisina presentato qualche giorno fa ne è un esempio evidente) ed in qualunque altra parte del mondo, sempre che l’autorità vigente non ne blocchi l’accesso, anche, se in quel caso, parlare di democrazia sarebbe fuori luogo.
“…il recente sviluppo e la crescita dei blog sono un segnale promettente per il nostro dialogo democratico. Generalmente, infatti, i blogger sono cittadini preoccupati che desiderano condividere le proprie idee e opinioni con il resto del pubblico. Alcuni hanno cose interessanti da dire, altri no; ma il processo più significativo del fenomeno dei blog è il processo stesso.”


Allora è forse un po' riduttivo scrivere a piè di pagina dell'Home Page di Mondi Vitali 

"Questo non è un sito di informazione, ma solamente un blog che mette in circolo idee, riflessioni e visioni della realtà".

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