Tra le pagine del testo “Reddito di autonomia”, presentato sabato 15 ottobre a Crema dall’autore prof. Riva, emerge sempre più l’immagine di una famiglia di quattro persone, sorretta da un solo reddito di lavoro medio-basso, una famiglia “normale” che galleggia in un equilibrio incerto, tra debiti, incertezze, rinunce e la paura che possa accadere qualcosa. Eh si, perché basta una malattia imprevista, un nuovo figlio in arrivo, un familiare da dover accudire e l’equilibrio si spezza … la famiglia scivola inesorabilmente sotto la fatidica soglia di povertà.
Ritratto di famiglia
Se ci penso è la stessa condizione in cui si trovava la mia famiglia negli anni settanta: mio padre che lavora come tecnico di laboratorio, la mamma casalinga, io e mio fratello, un casa in affitto in un condominio alla periferia di Crema, emigranti dalla Toscana … eravamo anche noi sulla soglia della povertà eppure non mi percepivo povero.
Perché?
Niente si crea, niente si distrugge, tutto si trasforma!
Ricordo che all’inizio il condominio dove abitavamo era una grande famiglia allargata, se provo a immaginarlo, lo vedo come un grande cerchio magico.
Nel cerchio apparivano giochi, abiti, televisori, pezzi di arredamento, biciclette che passavo di mano in mano, dai grandi ai piccini, da una famiglia all’altra, con un unico imperativo: non si butta via niente.
E insieme alle cose giravano le persone: ricordo ancora l’amica di mia mamma che veniva a prendere il caffè a casa ogni giorno: un giorno si e uno no aveva con sé il contenitore del caffè. Il motivo lo capii solo più tardi: il caffè costa, figlio mio. Così come capii perché le mamme del condominio andavano a turno a fare la spesa alla cooperativa: la benzina costa, figlio mio.
La vergogna della vita povera
Quello che adesso sembra anormale, vergognoso, avvilente, un tempo era la normalità. Lo stile di vita sobrio e assennato era paradigma del vivere familiare, la condivisione era paradigma del vivere sociale. Nessuna filosofia alta, nessun richiamo ideologico, solo la sensatezza pragmatica di chi doveva chiudere i conti alla fine del mese.
E adesso?
Come ha detto Luciano Gualzetti – Caritas Ambrosiana – non solo negli ultimi vent’anni è lentamente scomparsa ogni politica vera di contrasto alla povertà, ma è scomparso il concetto stesso di povertà: le famiglie in condizione di povertà non vogliono sentirsi né mostrarsi povere, e invece che rifarsi ad uno stile di vita assennato, spesso ricadono in scelte di rimozione psicologica del problema: vivono al di sopra delle proprie possibilità per esorcizzare il fantasma della povertà. Non è più concepibile per un adulto o per un bambino essere al di sotto dello standard di acquisti ”normale”.
Per ovviare a questo inconveniente il sistema finanziario ha “generosamente” messo a disposizione una serie di finanziamenti agevolati che semplicemente spostano il problema a tempi migliori. Prendi ora paghi nel 2015!
Il problema è che oggi i tempi migliori si allontanano più velocemente delle rate dei mutui.
Ora che questo giochino mostra la corda, l’ultima speranza rimasta sono i gratta e vinci, i win for life!
Quindi che fare?
Povertà di cose, ricchezza di relazioni
Proporre misure di contrasto alla povertà, come quelle dibattute nell’incontro, hanno speranze di successo se sono accompagnate da una sana e dolce rivoluzione culturale degli stili di vita e della socialità, se si dà forza a quelle spinte già esistenti nella nostra piccola comunità cremasca.
Pensiamo ai mondi vitali delle famiglie che costituiscono i Gruppi di Acquisto, alla rinascita dei mercatini dell’usato, alle pratiche di autoproduzione (orti familiari, conserve fatte in casa), alle pratiche di condivisione (car-sharing, co-housing, …).
E voi? Che fate?
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