lunedì 15 settembre 2014

ANNO NUOVO SCUOLA VECCHISSIMA - Parte Quarta

E così, di rientro dalle vacanze scolastiche estive più lunghe di tutta Europa, per il quarto anno consecutivo, sono ancora qui a scrivere di scuola. Potrei risparmiare il mio tempo e la vostra fatica riproponendo gli stessi post degli anni scorsi, con le stesse domande inevase e le stesse proposte in sospeso (2011, 2012, 2013). A dire il vero un cambiamento si verifica ogni anno, sostanziale, quello del ministro dell’istruzione: Gelmini, Profumo, Carrozza, Giannini in rapida successione negli ultimi quattro anni. Dal 1946 ad oggi se ne sono succeduti 38, un grande classico della nostra Repubblica gattopardesca.
Quest’anno perciò prendo solo lo spunto dall’avvio della scuola per proporre un argomento diverso, in parte almeno. Quindi, nell’attesa: che l’agenda digitale faccia il suo corso; che i libri di testo spariscano dalle classi; che il 40% degli edifici scolastici ancora mancanti all’appello acquisisca il certificato di agibilità; che l’inglese o le lingue straniere si insegnino o meglio si pratichino per davvero, così come lo sport, gli sport; che la scuola, per ora di carta, di Renzi veda traduzione operativa (per inciso… quanto mi indispone ‘sta cosa finta che chiedono a noi consigli!); che mi vengano in mente quelle altre cose che nemmeno più mi ricordo tanto tempo è passato da che le han proposte; ecco, nell’attesa, vi propongo di ragionare di responsabilità. Già qui su Mondi Vitali se ne è parlato tempo fa a proposito della carta igienica ma ci voglio tornare.

La domanda è semplice ma, come spesso succede quando non si vuol rispondere, la risposta è complicata o fumosa. La domanda è: “di chi è la responsabilità?” e viceversa naturalmente: “di chi è il merito?”. Ah, la meritocrazia, ecco cosa mi ero dimenticato prima, la meritocrazia è un’altra di quelle cose per cui siamo in attesa.
La domanda fatidica sul chi la potete applicare a qualunque campo vi stia a cuore, a partire dalla scuola stessa, su temi spicci o alti e globali. Che so: raccolta differenziata, sosta selvaggia, riforma del lavoro, sfalcio dell’erba in città o nel mio giardino, compiti delle vacanze, pulizie di primavera, lotta al terrorismo, repulisti del box, mailing list e registro digitale. In Italia la tendenza è quella di non rispondere mai con un nome. Si volgono gli occhi al cielo, si alzano le spalle, si allargano le braccia, si parla si sistema e si cita la società, come se le cose si facessero o meno così, per ragioni magiche o sovrannaturali. Se qualcosa si fa, qualcuno l’ha fatta, o no? E se non si fa, qualcuno è stato con le mani in mano.
Io voglio un nome.

Non vi ho convinto? o almeno coinvolto? l’ho fatta troppo semplice? Non prendetevela con me. È il sistema scolastico che non mi prepara, è questa società fluida che mi confonde, è il pensiero unico che mi omologa, è la tv che mi aliena, "ero... rimasto senza benzina. Avevo una gomma a terra. Non avevo i soldi per prendere il taxi. La tintoria non mi aveva portato il tight. C'era il funerale di mia madre! Era crollata la casa! C'è stato un terremoto! Una tremenda inondazione! Le cavallette! Non è stata colpa mia! Lo giuro su Dio!".

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