giovedì 7 agosto 2014

Route Agesci 2014 "Si è felici solo se si rendono felici gli altri". Parlano i capi scout




05 agosto 2014 di ANTONELLO GUERRERA 

Trentamila giovani in cammino, insieme verso il futuro, in nome del "coraggio". E' la "Route nazionale 2014" dell'Agesci (Associazione guide e scout cattolici italiani), il grande evento nazionale ed internazionale (sito www.routenazionale.it) che nei prossimi giorni vedrà protagonisti decine di migliaia di ragazzi e ragazze dai 16 ai 21 anni, provenienti da quasi 1500 gruppi locali di tutta Italia, che, tanti dopo chilometri di marcia tra i mille volti del Paese, si incontreranno a San Rossore (Pisa).  Dal 1 al 5 agosto i Rover e le Scolte saranno suddivisi in comunità gemellate (259 al Nord, 127 al Centro, 70 al Sud). Poi il 6 agosto confluiranno a San Rossore. Qui, fino al 10, daranno vita a una vera e propria città, fatta di tende, con istituzioni, servizi e molti incontri e tavole rotonde. Si tratta del terzo incontro nazionale dell'Agesci dopo i precedenti del 1975 e del 1986, al quale parteciparono oltre 16mila scout. Come si vede in queste foto storiche, la prima si svolse alla Mandria, mentre la seconda nel 1986 ai Piani di Pezza vide la presenza di Papa Giovanni Paolo II.
(foto 1975, Archivio Agesci)

"Il coraggio non è l’assenza della paura, ma sentire la paura. E, di qui, dirigersi verso i propri sogni. Perché si può andare incontro all’altro, costurire un futuro più solidale, aiutare chi è più in difficoltà. Questo è il nostro primo passo verso il futuro". A parlare a Repubblica.it è Elisa Pichini, caposcout regionale (Lazio), tra i 30mila protagonisti della Route nazionale 2014 dell'Agesci, il grande evento dell'associazione partito ufficialmente venerdì scorso: 30mila ragazzi sono già in marcia e si incontreranno nella tenuta di San Rossore (Pisa), mercoledì 6, per rinnovare la grande manifestazione già organizzata in soli due precedenti: nel 1975 e nel 1986

La Carta del Coraggio. Non a caso, alle istituzioni civili ed ecclesiali verrà consegnata alla fine della Route la Carta del Coraggio, un documento stilato dai ragazzi in prima persona. "La bozza è stata redatta inizialmente sui forum su Internet", racconta Elisa Pichini, 48 anni, scout da 23, "poi verrà rivista e corretta a San Rossore da 450 rappresentanti dei 30mila ragazzi. Il risultato sarà un documento a 60mila mani. Con la Carta del Coraggio gli scout si faranno carico del presente, ma soprattutto affermeranno la loro voglia di farsi carico del futuro. Come quando Gesù parlava del "già e non ancora", loro sono già e non ancora. Hanno la vocazione di essere felici, sono consapevoli di quello che si è e quello che si può diventare".


 "Sentirsi parte di una collettività". "In un’epoca sempre più individualista, è necessario imparare a progettare al plurale, sentirsi parte di una collettività, che non deve essere necessariamente il gruppo scout", racconta Gianfranco Schirripa, 36enne capo scout calabrese, nell'Agesci da quando aveva sei anni. "Quelli come la Route sono eventi eccezionali non tanto perché sono di grossa portata ma perché segnano davvero il passo di un'esistenza, soprattutto nell'ottica di un percorso di formazione educativa. Non a caso, si tratta di un percorso di avvicinamento che dura già da un anno". "Con i più giovani", continua Schirripa, "bisogna lavorare sulla formazione della persona a tutto tondo, sulla progettualità, sul loro rapporto autentico con la realtà delle cose. Bisogna leggere le esperienze in prima persona, per sviluppare un percorso autoeducativo e l'assunzione di consapevolezza. Per riflettere e costruire il cammino che verrà. Per questo parteciperemo alla Route. Perché ogni cambiamento passa necessariamente per la fatica e impone un grande sforzo di lucidità".  


Cosa significa essere scout oggi. Paolo Altin, 30 anni, invece è di Trieste. Oggi è un "capo", ma è entrato negli scout 23 anni fa. "La sfida più grande", spiega, "è quella di aver coinvolto le comunità di questi ragazzi in un progetto in nome del coraggio. Anche perché questa generazione è molto diversa dalle precedenti, sia per l'estrema precarietà del lavoro, sia per la globalizzazione: così cominciano a sgretolarsi riferimenti granitici come quello della famiglia per come la conoscevamo, i ragazzi vedono allontanarsi alcuni capisaldi come il lavoro stabile, un'adeguata renumerazione e la possibilità di rendersi autonomi". "Infine", prosegue Altin, "è stata data loro in mano un’arma potentissima come quella dell’abbattimento dei confini, grazie a Internet, aprendo orizzonti fino a pochi anni fa inimmaginabili. E dunque, scoperta, competenza, responsabilità. Questo è l'approccio educativo e l'obiettivo finale degli scout: essere felice rendendo felice qualcun altro. Non cucinare carne o dormire in tenda, come qualcuno crede. Bensì vivere in una comunità, e spendersi nella cittadinanza attiva, nell'accoglienza, nella solidarietà. Questo è essere scout". 

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