Dall’inizio del 2014 ad oggi
quasi duecentomila migranti sono sbarcati in Italia, o sarebbe meglio dire in
Europa, in fuga da guerre, fame, miseria. Non sappiamo se sono profughi, almeno
non fino a quando una commissione non sarà in grado di accertarlo. Sono tutti
richiedenti asilo e come tali, secondo la legge, devono essere accolti sino a
quando il loro status non sarà certificato.
Il termine “invasione” è stato ed
è frequentemente adoperato per descrivere quanto sta avvenendo o più probabilmente
per destabilizzare l’opinione pubblica in funzione anti-migranti anche se il
numero degli sbarchi, a fronte di un paese di 60 milioni di abitanti e di un
continente di 500, non giustificherebbe in alcun modo l’utilizzo di tale
termine.
I presunti invasori hanno la
scabbia, sono sporchi, minacciano la nostra sicurezza, vogliono i nostri soldi,
in larga parte scappano da fame e miseria (che son cose brutte ma non come la
guerra), spesso hanno una fede diversa dalla nostra, qualche volta sono pure
terroristi: insomma, sono il motivo della crisi economica da cui non riusciamo
a riprenderci, sono la ragione degli innumerevoli episodi di corruzione e
malgoverno che da anni mortificano il paese, sono la causa di anni di riforme
non fatte, il motivo per cui in Italia non si fanno figli, l’anello di
congiunzione tra politica e malavita, la spiegazione di milioni di disoccupati.
E l’elenco potrebbe continuare.
Sono in molti a credere a questa
versione che a qualsivoglia mente capace di ragionare apparirebbe come una
parodia: amministratori di vari colori politici ad esempio, che non accolgono
perché i guru di partito lo vietano esplicitamente o perché sul territorio
sarebbe politicamente sconveniente anche se nelle intenzioni si sono sempre
ispirati a certi valori; cittadini di varia provenienza e cultura, anche molti
cristiani, che il Vangelo preferiscono ascoltarlo quei dieci-quindici minuti
durante la celebrazione della Domenica e poi, all’’atto di esprimere un parere
o attivarsi fanno prevalere nel migliore dei casi la ragion pratica,
l’opportunità di starne fuori perché ci sono già troppi problemi da risolvere.
E così anche qualche sacerdote…testimone per niente credibile della Chiesa che
rappresenta e della strada che un Pontefice coraggioso e profetico sta faticosamente
cercando di indicare.
Appare chiaro allora che si
tratta di un assedio, non di una invasione: l’assedio è generato da questo
pensiero disumanizzante, da questo approccio protettivo, difensivo, che sfrutta
il panico per poter giustificare il male che porta in seno; siamo talmente
sotto assedio che persino persone di buon senso, persone oneste, cominciano a
nutrire dubbi; non li dovrebbero avere se solo guardassero a come hanno sempre
vissuto, a come sono stati educati, alle scelte che fanno quotidianamente e
invece li hanno in questa condizione di assedio, nella sovraesposizione
mediatica di un ragazzotto in carriera che mette i brividi per questa profonda
e sempre più diffusa incapacità di vestire i panni dell’altro. Viene quasi da
pensare che se il diavolo esistesse per davvero, se satana potesse manifestarsi
sotto forma di pensiero, sarebbe esattamente questo, un pensiero che travolto
dai dubbi diventa indifferenza e uccide, abbandona, rende l’uomo animale in una
doppia direzione: lo tratta come tale e si approccia ad esso con la brutalità
della bestia.
D’altra parte basterebbe
rileggere qualche pagina di René Girard per accorgerci che la storia dell’uomo
è contrassegnata dalla logica del capro espiatorio secondo la quale la
collettività, scaricando su uno o più soggetti la violenza/insofferenza che
oppone ciascuno a tutti gli altri, placa i conflitti e li supera, almeno
temporalmente, fino ad una nuova crisi ed alla necessità di trovare un nuovo
colpevole.
Resta da comprendere come ci si
difende da un assedio perché fatto questo potrebbe non esistere più alcuna
invasione ma “solo” una storia da tentare di governare, un tempo in cui
decidere e non subire, premettendo magari che ci sono eventi e fenomeni più
grandi di noi, che possiamo solo “accompagnare”, che dobbiamo “accogliere”.
Respingere l’assedio ci spinge
fino in fondo a chiederci davvero chi siamo.
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