sabato 18 dicembre 2010

UN FIUME DI PAROLE

“Frasi in una sola parola. Frasi interminabili. …le parole che di solito camminano. Io amo l’andatura delle parole, le loro strade, le loro stazioni; diffido del loro scorrere.” (ELIAS CANETTI, Il cuore segreto dell’orologio)

Un passo indietro. Abbiamo condiviso tutti il nostro nome MONDIVITALI che rimanda al pensiero filosofico e possiede una caratteristica ambivalenza. Il concetto tedesco di lebenswelt (che viene tradotto in italiano come "Mondo vitale" o più comunemente come "Mondo della vita") da un lato significa l'universo dell'autoevidenza, come fondamento antropologico di ogni determinazione nella relazione dell'uomo con il mondo e contraddistingue però nello stesso tempo anche il mondo della vita concreto, visibile e pratico. Dunque un orizzonte di significato profondo, fondante … calato nell’impasto quotidiano della storia.
In ragione, sebbene consapevoli del nostro essere con piedi, mani e testa in una realtà che esprime resistenza a continui cambiamenti nel racchiudere, in categorie predefinite, le problematiche sociali, lo scenario implica un’attenzione imprescindibile, quella di non opacizzare lo sguardo, di disporsi ad imparare continuamente chi è l’altro, il mondo vitale dell’altro, un esercizio sempre più attento e sottile dei nostri “sensori” personali e professionali.
Lo scenario in atto punta ad un processo che tenga sempre più conto di una dimensione soggettiva esistenziale culturale oltre che tecnica-funzionale; implica la disponibilità a ‘coltivare il cambiamento’ per verificare continuamente quanto può e deve rimanere un punto fermo rispetto ad una realtà sociale sempre più differenziata e dinamica. È l’interfacciarsi continuo. Così intesa, l’azione, che si realizza nell’ottimizzare gli interventi, ha il volto di tutti. Ma nasconde anche l’intima insidia di agire come chiamata alla messa in gioco, al confronto col nuovo, alla ristrutturazione delle logiche consolidate di funzionamento (compiti, ruoli, comportamenti, apprendimenti già sedimentati) che sempre comporta fatica, molta fatica.
La motivazione a ‘vedere’ ed investire sui processi è connessa ad una puntuale contestualizzazione e porta alla luce domande di senso su come si possano stimolare risposte più coerenti rispetto alle esigenze del territorio. Richieste da tradurre in pratiche quotidiane/lavorative su cui costruire il con-senso.
Si costruiscono e circolano parole-concetti, termini di difficile divulgazione, a volte ambigui, la cui consistenza non viene mai veramente indagata in profondità e il cui appeal sembra rappresentato proprio dal fatto che veicolano porzioni di senso comune e di giudizi di valore dentro l’apparenza di formule tecniche.
Il senso profondo del loro significato, che venga dato per acquisito o venga fatto oggetto di disquisizioni, sfugge, resta eluso, al limite si considera irrilevante. Termini, per riprendere l’appunto di Canetti, che scorrono, scivolano, e su cui non ci si sofferma abbastanza.
Ci sono parole non del tutto logorate e meritevoli invece di uno sforzo critico. Quando il linguaggio si ammala il lavoro sulle parole diviene ancora più necessario, se serve a mostrare improprietà e nuove funzioni semantiche, se illustra la loro storia e descrive le migrazioni in atto: diviene una ricerca sui depositi di sapienza che esse portano dentro.
La società attuale sta evidenziando (spesso banalizzando!) in modo decisivo l’importanza e l’urgenza delle capacità comunicative e relazionali, di intervenire ed agire attraverso esse nella costruzione di percorsi integrati e di coesione sociale. Riscoprire il linguaggio come azione sociale, sia esso parte della vita quotidiana che di campi di specializzazione, poiché non vi è linguaggio separato dai contesti.
Viviamo una realtà sociale in cui sono presenti diversi mondi vitali, differenti riferimenti valoriali e normativi, una pluralità di gruppi ed una moltitudine di storie di vita con la quale i processi di identificazione, di riconoscimento, di orientamento dell’azione di ogni singolo si confronta.
La necessità è dunque di gestire al meglio la comunicazione ! Susan Sontag, saggista americana ebbe a dire che le parole “più sono astratte ed imponenti, più finiscono per assomigliare a stanze o a gallerie. Possono espandersi o franare. Possono riempirsi di cattivi odori. Spesso ci fanno ripensare ad altre stanze, in cui ci piacerebbe vivere o ci sembra di vivere già. Possono diventare spazi inabitabili perchè perdiamo l’arte o la saggezza necessaria per viverci”.
Mi sembra che queste immagini contengano mirabilmente le molteplici possibilità che abbiamo davanti (anche noi di.. ‘Mondi vitali’). Ma quale che sia l’accezione che potrà concretizzarsi - spazi oscuri o gallerie ricche di tesori - conviene non dimenticare che l’uso e la storia delle parole meritano attenzione.

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