domenica 27 novembre 2011

GIOVANI, E' QUESTO IL TEMPO FAVOREVOLE

Riportiamo il contributo di Marco Sposito, vicepresidente nazionale dei Giovani di Azione Cattolica.


Per l'Ocse siamo al penultimo posto nella classifica che misura la distanza tra gli under 25 e gli altri lavoratori in cerca di un'occupazione. Occorre una svolta culturale, guardando almeno alle prospettive di medio termine del Paese.
La parola d’ordine per uscire dalla crisi e risollevare il nostro Paese è "giovani". Lo ha ribadito il presidente del Consiglio Mario Monti nei suoi discorsi in Parlamento: "Le prospettive dei giovani sono la finalità di tutta la nostra azione: con il consenso delle parti sociali dovranno essere riformate le istituzioni del mercato del lavoro, per allontanarci da una realtà duale dove alcuni sono troppo tutelati mentre altri sono totalmente privi di assicurazioni in caso di disoccupazione”. Una elaborazione del centro studi Datagiovani per "Il sole 24 ore" ha infatti evidenziato come l’Italia si stabilisce al penultimo posto tra i 33 paesi Ocse nel ranking del “Labour age gap”, che misura il divario esistente tra gli under 25 e tutti gli altri lavoratori in cerca di un’occupazione.

È infatti sempre più difficile per i nostri giovani riuscire a trovare un posto di lavoro. Precariato e disoccupazione continuano a paralizzare il mondo giovanile nonostante, a volte, gli alti profili ed i corsi di laurea portati a termine senza essere “fuori corso”. Da diverse parte, ormai, si stanno ipotizzando manovre per agevolare le assunzioni giovanili, sgravi contributivi e finanziamenti per le aziende che scelgono di puntare sui giovani. Ma allo stesso tempo sempre più utilizzati sono i contratti di inserimento o co.co.co o a progetto, che toccano livelli salariali troppo modesti per parlare di indipendenza lavorativa ed economica

Il tempo è favorevole, allora, per ripensare una società che trova la sua forza nei giovani, con le loro professionalità e competenze. Se è vero che rispetto agli altri coetanei europei, noi italiani abbiamo più difficoltà ad essere inseriti nel mercato del lavoro, è anche vero che in diversi casi si sente parlare dell’eccellenza della formazione e dei profili professionali del nostro Paese in tutto il mondo. E’ una sfida da cogliere e al più presto giocare: fidarsi e puntare sui giovani vuol dire oggi pensare e lavorare per il futuro, costruire sin da subito le basi per una nuova classe dirigente politica ed economica formata nella prospettiva del bene comune e del lungo termine. Un logica e una cultura nuova che travalicano le logiche di corto respiro di partito, gli egoismi e gli interessi dei singoli, per la realizzazione di una società proiettata alla giustizia sociale, ad un welfare che abbia al centro la persona e l'emancipazione dall'assistenza, che formi sin dalle fondamenta una classe dirigenziale finalmente meritocratica.

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