mercoledì 20 luglio 2011

L'AFONIA DEL CITTADINO

Quando i tagli assumono le dimensioni del dimezzamento o peggio, prende il sopravvento la paura che nessun servizio alla persona, conquistato in anni di faticose battaglie, rimanga indenne. E che la qualità della vita, e della coesione sociale, risulti drammaticamente impoverita e offesa. Parlarne sarebbe doveroso, ma il silenzio che si avverte attorno sa di deserto e di terra bruciata. Quando riusciremo a riemergere dai marosi delle continue emergenze, dei disastri mondiali, delle guerre, delle migrazioni di massa, delle rese dei conti in Parlamento e nelle aule di giustizia, quando insomma saremo in grado di osservare il panorama sociale del nostro Paese al netto dei quintali di carta e di immagini che hanno spostato di peso il baricentro dell'attenzione pubblica, allontanandolo dalla realtà quotidiana, dai progetti di vita, dalle relazioni umane normali e per certi versi anonime, quando e se riusciremo in questa impresa titanica, il cui orizzonte temporale ancora stento perfino a immaginare, ci renderemo improvvisamente conto della fragilità e dell'esiguità delle risorse economiche rimaste sul bagnasciuga, al chetarsi delle onde, al ritrarsi dell’alta marea.

Conchiglie in forma di spiccioli, monetine di bilancio sparse in mille destinazioni e rivoli, parcellizzate fra Enti Locali affamati e incattiviti, con Regioni intere a mediare i bisogni e i diritti, drenando quel poco che arriva da Roma, e cercando di riequilibrare, ove possibile, spesso quasi solo con il conforto delle parole, ché dei finanziamenti del passato resterà soltanto un tenue ricordo nostalgico.
Qualcuno in questi giorni si è fatto vedere e sentire in piazza. Non stiamo parlando di black bloc, o di avanguardie rivoluzionarie, ma di associazioni di persone moderate, concrete, abituate a mediare e, spesso, ad accontentarsi e lavorare comunque, traduzione nostrana del concetto di sussidiarietà. Ma quando i tagli assumono le dimensioni del dimezzamento o dell’azzeramento, la paura prende il sopravvento. La paura che nessun servizio alla persona, conquistato in anni di faticose battaglie, rimarrà indenne. E la qualità della vita, e della coesione sociale, risulterà drammaticamente impoverita e offesa. Parlarne sarebbe doveroso, ma il silenzio che si avverte attorno sa di deserto e di terra bruciata.
Allora credo davvero che bisogna trovare gli strumenti che ci consentano di alzare la voce. Bisogna essere più ambiziosi dentro le politiche sociali. Essere ambiziosi vuol dire aver fiducia in quello che si può fare e che si chiede di poter fare. E non restare segregati nelle nicchia di chi accetta di dar per scontato che difficilmente si possa fare qualcosa di diverso.

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