sabato 23 luglio 2011

UNA FINESTRA CHIUSA NEL SILENZIO. ANCHE A CREMA

Silenzio. È la prima cosa che penso di fronte ad un notizia così sconvolgente, quanto purtroppo, non infrequente. Poi, forse perché questa volta così vicino a noi o forse perché, per l’ennesima volta così dentro di noi, non riesco a tacere, a non provare a cercare qualche parola. Forse anche per solo per chiedere silenzio ai commenti, alle illazioni e supposizioni, ai tentativi grezzi e un po’ meschini  di diffondere a mezzo stampa, giusto per la cronaca, pezzi di esistenza, scavando gratuitamente nella vita, nelle relazioni, nelle ragioni di chi non c’è più. Spesso così succede di fronte a finestre che si chiudono nel silenzio della morte cercata e che portano con sé anche piccole vite che altro non aspettano che il giorno dopo per continuare a sbocciare. Qualche parola allora solo per quella camera satura di gas che mi ha evocato certo sentimenti di immensa disperazione per la quale per me, c’è solo silenzio di profondo rispetto, ma anche un grosso bisogno di fermarmi.
Fermarsi anche per ricordare, per ricordarci, di come andiamo via veloci, di come troppo spesso prevale il bisogno di correre con le attrezzature che ci portiamo dentro ancora prima che appresso. Le nostre cartelle, i nostri file, i nostri link a portata di mano: donna, mamma, depressione, gesti disperati; con sottocartelle-varianti: separata, abbandonata, tradita, madre sola, senza lavoro, disoccupata, benestante, con problemi psichici, senza problemi psichici. I nostri programmi sono in grado di fare incroci, grafici, tabelle, che “sintetizzano i dati” e ce li rimandano schematizzati, anzi clusterizzati. Così abbiamo tutti gli elementi per riprendere la corsa, non stiamo in silenzio ma stiamo, al massimo, in stand-by, pronti a ripartire, a ricevere altre news. Gli attraversamenti, i conti emotivi che non tornano, il bianco insieme al nero, le gioie della maternità con la voracità e le voragini che un’altra vita incorporata alla tua comportano, gli occhi che parlano della gioia infinita offuscata dalla disperazione che sta andando a chiudere la finestra per saturarla di gas, che magari abbiamo incrociato tante volte o riconosciuto guardandoci allo specchio sono flash, lampi che ci squarciano per un istante. Photoshoop interni aggiustano e modificano, le scale di grigio possono anche diventare i colori dell’arcobaleno, o stare in un angolo per gli esperti o triturati per la cronaca: l’importante è che la finestra chiusa nel silenzio si allontani da noi per non ricordarci quanto è preziosa la nostra esistenza e quella delle persone che più amiamo ma anche quanto possiamo essere immensamente fragili e soli mentre cerchiamo o continuiamo a correre.




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