In un momento di crisi e di difficoltà
è fondamentale non abbandonarsi alla disperazione, scaricando il proprio
problema sulle spalle di chi ci sta accanto. E’ però altrettanto importante non sentirsi
autosufficienti e pensare di “dovercela fare” a tutti i costi da soli, senza
mai chiedere aiuto, anzi pensando di dover essere “sostegno” indispensabile per chi ci sta
accanto, responsabili unici dei loro destini.
In questi giorni è ricorrente sentir
parlare di crisi: crisi personale, crisi di coppia, famiglia in crisi, crisi
aziendale, crisi sociale, crisi economica, paese/nazione in crisi.
Da più parti si levano voci di
lamentela, urla che accusano, risentimento verso coloro, sempre altri, che sono
ritenuti responsabili, colpevoli. La richiesta di aiuto degrada presto in
pretesa di soddisfazione del proprio bisogno. La condizione di disagio diventa
motivo di recriminazione, denuncia di un diritto negato, manifestazione
accesa di ingiustizia subita.
Poi c’è qualcuno che non ci sta,
che non vuole accodarsi nella lamentela e che cerca di “darsi da
fare” per non subire la situazione. Ci si industria nella ricerca di qualche
soluzione alternativa. Si
costruiscono progetti per trovare strade nuove per se e per le persone che
condividono la situazione di disagio.
Queste persone sono importanti,
indispensabili, sono una ricchezza per la comunità, ma spesso, troppe volte,
solo lasciate sole. Non adeguatamente sostenuti e accompagnati questi soggetti
si “sentono soli” e si fanno carico, portano sulle loro spalle la loro
condizione e la preoccupazione per gli altri.
C’è il rischio che si venga a
creare una condizione per cui chi vuole darsi da fare, chi vuole impegnarsi si
esaurisca in poco tempo, dopo aver dato fondo a tutte le proprie energie
migliori.
Il risultato è che la comunità
perda il contributo di un soggetto attivo con l’elevata probabilità questi si
vada ad aggiungere alla schiera delle persone disilluse, demotivate, esaurite, che “aspettano” che qualcosa succeda.
Allora è meglio che ci si accorga
di chi è ricchezza nei nostri luoghi di vita.
Impariamo a sostenere questi “punti
di riferimento” per permettere loro di “prendere fiato”, di non “bruciarsi” perché
troppo esposti alle pressioni della situazione critica e schiacciati dalle richieste di chi si “avvinghia” ai pochi
che sanno dare ascolto, aiuto e vicinanza.
Il peso della crisi è meno opprimente se siamo in
tanti a portarlo, se ci sosteniamo a vicenda, se ci diamo il cambio, se
accettiamo di non essere “invincibili” e riconosciamo l’importanza di doverci
ricaricare per poter ritornare a dare il meglio di noi stessi sulle “lunghe
distanze” che questa crisi richiede.
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